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Qualche giorno fa mi è capitato di prestare soccorso, qui a Roma, a seguito di un incidente stradale piuttosto importante.
Uno scooter ha investito un passante.
Fa riflettere come gli altri passanti, di fatto solo curiosi e non almeno improvvisati soccorritori, avessero impostato un chiacchiericcio fastidioso, vista la situazione, rispetto alla velcoità del “motociclista” ed al guidare, generalizzato, in maniera scellerata.
La realtà dei fatti è che il passante ha attraversato in un punto buio, lontano dalle strisce pedonali, senza guardare neppure chi stesse giungendo, che lo scooterista arrivasse dal precedente semaforo, verde anch’esso, effettivamente piuttosto veloce (ma come quantificare?)
Il colpo è stato forte, le conseguenze, purtroppo, anche.
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Fa riflettere come il centauro avesse subito un colpo fortissimo al sopracciglio, ormai gonfio di un ematoma che lo sfigurava: il casco jet non è l’integrale…
Negli attimi concitati è stato forte il parlare, debole l’intervento dei molti accorsi: la scena, con corpo immobile a terra, sangue denso e rosso scuro su afalto, non era della migliori. Che senso ha correre d’istinto, spaventarsi e rimanere lì a gridare luoghi comuni tanto per esserci?
Fra i pochi lucidi una ragazza, pronta a chiamare ambulanza e vigili urbani (quest’ultimo punto su mio suggerimento) : incrocio molto grande, buio, traffico impazzito, rischio di ulteriori incidenti nonchè di linciaggio vista la piega che le riflessioni del popolo stavano prendendo verso il solito motociclista che guida correndo.
Arrivano così, via via, 3 ambulanze (2 arrivate per caso) di passaggio ma senza medico a bordo: vecchia storia, vecchie polemiche, in parte giusto, in parte no; fatto sta che l’attesa è lunga, soprattutto per il ferito e visto che è senza conoscenza e mal messo, dicono di non poterlo prendere a bordo senza valutazione del medico.
Il centauro è spaventato, trema, scende l’adrenalina e cominciano i dolori, non sa che il viso è sfigurato, che lo massacreranno di domande, che tutto sommato è andata bene (intanto rinviene anche l’investito).
Mi abbraccia e si abbandona come fosse un amico, un fratello: si libera, in qualche modo, chiede perfino scusa, nella confusione generale. Non me la sono sentita di dirgli del casco, dell’ematoma, ne di lasciargli il numero di telefono per riprendere discorsi a mente fredda, su sicurezza, sull’ importanza del soccorso ecc.
Certe volte andare in moto è difficile ed eventi del genere ti fanno sentire quella strana sensazione allo stomaco, quella maledetta stretta che ti riporta alla realtà, che cancella l’emozione delle moto, dell’equilibrio, del vento e della libertà.
La moto è la sensazione più forte che si possa provare rimanendo vestiti….
Basta poco per migliorare “la strada”.
Massimo
P.S. stasera prendo la macchina.
Mi disturba ancora, a mente fredda, quella sera, la scena, le urla della moglie dell’investito. e guido fragile, come stamattina, in equilibrio precario fra il coraggio di continuare, la voglia di cambiare il mondo e quella di mollare.
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