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Capo Nord ha sempre più le sembianze di un animale mitologico, di un posto dell’altroquando, di una battaglia epica, di una tempesta perfetta, impossibile; tanto da stimolare l’irresistibile voglia di sfidarla.
Si susseguono le telefonate degli amici, gli ultimi contatti con sponsor ed organizzazione:barlumi di normalità e di una routine nel marasma emozionale.
ogni giorno è un piccola tappa di una tabella di marcia che ci porterà dentro quello che per me, in qualche modo, è lo scontro con una grossa parte di me stesso.
Porre la x, il segno di spunta al fianco di uno dei punti fondamentali della lista.
Traguardi, partenze, svolte: l’elenco delle cose da fare nel corso della propria vita, trovarsi davanti ad un nuovo bivio, doversi lasciare alle spalle una chimera ormai raggiunta, seguirne una nuova, cederci davvero.
Sarà tempo di bilanci.
Sarà, perché Caponord è ancora lontano: un posto fermo lì, in attesa.
E noi a rincorrerlo, con la linea della strada che scorre sotto al culo; che piova, nevichi, che il sole ci scurisca la pelle: lui lì, noi qui.
“…La faccia di mio padre prende forma sullo specchio, lui giovane, io vecchio, le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio “la vita non è facile ci vuole sacrificio, un giorno te ne accorgerai e mi dirai se ho ragione…”.
Arriva il giorno in cui bisogna prendere una decisione e adesso è questo giorno di monsone col vento che non ha una direzione guardando il cielo un senso di oppressione ma è la mia età dove si sa come si era e non si sa dove si va, cosa si sarà …”
Sotto l’acquazzone violento, attraversato al ritorno dal Motoraduno, ieri,ingobbito fra aria ed acqua, con la moto a ficcare il muro di maltempo previsto per km, mi sentivo un capitano di ventura, ripensavo alla canzone che citavo qui sopra, mormoravo nel casco.
…e mi sentivo come invincibile, stupidamente invincibile, navigando con la moto fra le auto impazzite e lente; guardavo nello specchietto, David e Vittoria, il giallo del loro faro: digrignare i denti come galvanizzato dalla difficoltà, incitare Manu, ancorata sul sedile del passeggero a metà fra rassegnazione e preoccupazione: forse, questa di Caponord, dopo l’aver scelto di avermi accanto, è un’altra delle sfide della sua vita ..ehehh
Le tute reggono bene: per il viaggio avremo anche un ulteriore completo impermeabile da indossare sopra alla tuta da viaggio: l’acqua, dopo ore, si intrufola ovunque ed ogni millimetro utile diventa un varco per l’umidità.
Forse, pensavo, dovremmo montare un faro supplementare, un fendinebbia anteriore e posteriore per essere più visibili visto che le auto, almeno quelle italiane, quando piove, cominciano a compiere azioni mediamente idiote. Un esempio?
Evitare le pozzanghere cambiando bruscamente traiettoria…. (bastardi..a che serve farlo?!?!?!!?)
Ma il tempo è poco, i soldi anche, l’organizzazione pare sempre ultimata per poi sorprenderti: “ah, cazzo, non ci avevo pensato..”
Dobbiamo ricordarci di…
e così via, senza una vera fine.
Che spettacolo il gesto di incitazione, giunti all’uscita del Gra di Roma, verso David e Vittoria che sopraggiungevano: a pugno serrato mi sbracciavo a bordo strada urlando nel casco, felice come un bambino: “dai, dai!”
Quando chiusi nel box ho abbracciato Manu ormai sempre più stupita dal mio essere invasato: ho avuto chiara l’immagine di noi 4 lassù, profondo nord…
E mi sentivo come dopo un impresa…un’ impresa che per ora ho ancora una volta soltanto cullato, sognato.
Massimo
P.S.
Un saluto a Stefano e Roberta: la telefonata che mi ha interrotto qualche minuto fa è stata una di quelle a cui penserò viaggiando.
Il secondo figlio, forse, è un viaggio più lungo del nostro.
AUGURI!!!
Testo tratto da “La linea D’ombra”, Jovanotti
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