Andare

Mia madre ricorda alla perfezione un pomeriggio di qualche estate fa, impegnato camminando nelle pieghe di Roma deserta, mescolati fra turisti accaldati e romani sbigottiti da routine quotidiane spezzate, ferie mal spese.

Due ragazzi stendono un telo vicino a Castel Sant’angelo. Una moto parcheggiata accanto, segni evidenti di battaglia con la strada, con la polvere ed il vento, la pioggia battente.

Fil di ferro a testimoniare riparazioni di fortuna: materiale povero e malleabile che cozza col ferro duro del mezzo ma che testimonia l’andare sempre e comunque, l’arte estrema di rimediare, proseguire.

Sul telo, con tratto confuso di pennarello in esaurimento, scritto in diverse lingue, un progetto di viaggio su e giù per il mondo in sella alla loro Honda Varadero. Chiedono soldi, offerte e la gente continua a domandarsi perché dovrebbe foraggiarli, qual’è il senso, dove la condivisione.

Forse, dentro, bolle una sopitissima invidia che non consente di evitare di etichettarli, di giudicare il progetto strampalato o sconsiderato, degno di una incoscienza puerile, propria di chi non è maturo.
Maturo per chi o cosa, questo no, non sarà mai chiaro però.

Mi madre me ne ha parlato qualche giorno fa ricordandomi una frase che forse credevo di non aver mai lasciato uscire dai denti. “Farò qualcosa di simile anche io”. Lo dissi alzandomi dal telo bianco, ormai grigio dall’asfalto delle città attraversate; alzandomi dopo aver passato le dita sulle strade tracciate alla buona, come a percorrerle mormorando via via i nomi delle nazioni.

Il loro era un sogno Sudamericano diventato europeo dopo aver contratto “la malattia”: l’andare. L’urgenza che sentivano dentro li spingeva ad andare, a confermare l’aver mollato tutto e tutti, ad allontanarsi sempre

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Domande e risposte

Una sorta di primo disordinato riassunto di quanto alcuni di voi hanno chiesto per e-mail, davanti ad un birra, incontrandoci post viaggio.

Per le altre… avanti, chiedete pure !

In rigoroso ordine sparso……

A chi mi chiede se ho avuto paura rispondo di si; l’ho avuta spesso e credo aiuti a guardare certe situazioni e la moto con rispetto e non con la sufficienza di chi si sente esperto per poi cadere nel tranello della disattenzione più sciapa.

La risposta è SI: per tutti quelli che si stanno chiedendo o ci hanno chiesto direttamente se abbiamo ri-usato la moto. Piccoli o brevi spostamenti dal giorno dopo il nostro ritorno, alla lettera, abbiamo tutti riusato la moto.

Dopo un viaggio come questo a Caponord è come se ci si sapesse reggere in piedi solo su due ruote e se si barcollasse ritti su due piedi.

Certamente si: è ovvio  che in testa affiorino idee, nuovi progetti e collaborazioni. Penso al ritorno a Caponord, cambiando tappe, percorso, diminuendo spese e tempi. Penso ad Elefantentreffen, al fatto che il nome del sito potrebbe dare il via ad una serie di viaggi che partono da Roma e che vanno sempre e comunque verso nord.

Anche se…si, abbiamo pensato al sud…tipo raid nel deserto oppure a RomaCaputSud: dopo Caponord, Cape Horn, la giusta conseguenza logica.

A chi mi chiede se ho pianto rispondo di si, lo ammetto sorridendo.
Più volte, anche se non serve mica farlo a dirotto per dire d’essersi emozionati. Raggiungere una meta, con lo zaino pieno di progetti realizzati, altri da iniziare, con pensieri e ricordi, mio padre che pareva a tratti vociare nel mio casco (“Daje a regà“): ed era come se i discorsi fra noi, le situazioni che vorrei da sempre correggere e non posso correggere si ricomponessero, si sistemassero, come se sapessero almeno trovare un posto ordinato, in disparte rispetto a tanto bene fatto, detto, pensato; come se ora, come è stato lassù, non fossero più orrende protagoniste, prepotenti verità.

Si, certo che vorrei continuare: sia viaggiare che scrivere (Grazie Andrea!).

E…si che si pensa pure alla mamma, lassù. Credo qualcuno, in ipotetica posizione fetale, mentalmente, nei tratti sul serio duri fra nebbia e neve, si sentisse dentro una voce che continuava a dire che era davvero pericoloso. “Sta tranquilla “Mà
Questa, fra le domande che mi sono state fatte, è in alta classifica fra le più inaspettate ma coglie, nei fatti, pensieri realmente baluginati nel mare grandissimo di questa avventura.
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In moto a Capo Nord da “passeggero rosa”


Il viaggio è terminato da alcuni giorni e oltre a ritornare sui sentieri percorsi e rigustarli attraverso le foto,  i video realizzati, i racconti agli amici e parenti, si propone il tempo giusto per le prime riflessioni e considerazioni.
Ognuno di noi ha affrontato e vissuto questo viaggio con prospettive e motivazioni diverse, aspettative personali o sogni. Ognuno di noi quindi avrà un suo racconto che si mescolerà agli altri.
Due moto, quattro persone….
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